La pianta del fico d’india : un fico spinoso che fico è

La pianta del fico d’India che per molti di noi è, fra le altre specie, una pianta simbolo  del Meridione e soprattutto della Sicilia è in realtà una pianta di origini messicane.

La pianta del fico d’India ha origini molto antiche e si ritiene sia originaria dell’altopiano centrale del Messico conosciuta dalle popolazioni pre-colombiane 1000 anni a. C. e pianta sacra ai tempi degli Aztechi che la chiamavano nopalli.

Veniva commercializzato non solo il suo frutto ma era molto ricercato anche il colore rosso vivo chiamato carminio che si ricavava da un particolare parassita che vive sulle pale della pianta del fico d’India.

La pianta del fico d’india era sacra agli Aztechi perché la loro capitale Tenochtitla, l’odierna Città del Messico, era stata fondata nel luogo dove si era notata un’aquila appollaiata sopra un cactus nopalli così come era stato profetizzato.

Ancora oggi nella bandiera messicana è raffigurata un’aquila appollaiata su una pianta di fico d’India.

 La pianta di fico d’India in Europa e nel mondo

pianta fico d india

 

La pianta di fico d’India fu portata in Europa e precisamente in Spagna da Cristoforo  Colombo quando tornò dal suo viaggio nel continente americano dopo aver visitato le isole dei Caraibi dove questa specie  era diffusa.

Il nome fico d’India è dovuto al fatto che Cristoforo Colombo credeva di essere giunto in India e non pensava di aver scoperto un nuovo continente.

Ai tempi di Colombo questa pianta era diffusa in tutto il centro America dove ancor oggi è molto facile trovarla.

La pianta del fico d’India trovò nelle regioni calde dell’Europa un ambiente idoneo per la sua crescita e si diffuse rapidamente  in tutto il bacino del Mediterraneo sino al punto da diventare in molte zone uno degli elementi più comuni dei paesaggi sassosi e aridi.

In Italia  la pianta del fico d’India si è naturalizzata così bene nel Meridione e in particolar modo in Sicilia da diventare uno degli elementi caratteristici del paesaggio siciliano.

La sua prima descrizione dettagliata la dobbiamo allo spagnolo Gonzalo Fernandez de Olivedo nel 1493 mentre fu Philip Miller, capo giardiniere del giardino botanico di Chelsea in Inghilterra, che nel 1786 gli diede il nome scientifico di Opuntia ficus indica che conserva ancora oggi.

In Italia  la pianta del fico d’India si è naturalizzata così bene nel Meridione e in particolar modo in Sicilia da diventare uno degli elementi caratteristici del paesaggio siciliano.

Questa pianta si è diffusa anche in Africa, nel Medio Oriente  e negli habitat semi aridi dell’Asia specialmente nell’isola di Ceylon e in India.

Anche nell’emisfero Sud la pianta del fico d’india riuscì a diffondersi in special modo  in Sudafrica  nell’isola del Madagascar e perfino in Australia.

La facilità della sua diffusione è dovuta all’opera degli uccelli che mangiandone i frutti ne disperdono i semi.

Anche per opera dell’uomo si diffuse  la pianta del fico d’India   perchè  trasportava in nave questi frutti, che si potevano conservare con facilità,   in quanto erano molto utili contro una temibile malattia dell’epoca lo scorbuto.

In alcune zone questa pianta è diventata così numerosa e fitta   da diventare infestante e invadere moltissimi ettari di territorio.

Il carattere infestante della pianta del fico d’India, che tende a distruggere la flora locale, ha messo in allarme anche alcune regioni italiane come la Toscana dove una apposita legge regionale  ne vieta l’impiego per interventi   naturalistici come il consolidamento dei terreni.

Oggi  la pianta del fico d’India è coltivata in molti paesi tra cui il Messico, il Cile, il Nord Africa e il Sud Africa, il Medio Oriente e la Tunisia.

In Italia si trovano coltivazioni in tutta L’Italia Meridionale  specialmente in Calabria, Basilicata e Sicilia.

Un’altra pianta molto antica che da sempre fa parte del paesaggio italiano  chiamata anch’essa fico raggiunge la sua massima grandezza e la dolcezza dei suoi fichi diventa persino stucchevole nelle assolate  regioni meridionali italiane.

Anche in Pianura Padana questa pianta generosa, il fico propriamente detto, può essere coltivata e fruttifica ma non così a lungo come nel Meridione e i suoi polposi frutti non hanno lo stesso profumo e la stessa dolcezza.

Tuttavia sarei un’ingrata se mi lamentassi delle mie piante di fico che generosamente mi donano i loro dolci frutti ben due volte l’anno. 

La pianta del fico d’India: sua descrizione

Il fico d’India appartiene al  genere Opuntia che è il più rappresentativo della grande famiglia delle Cactacee comprendendo più di 300 specie.

Sono piante dette “piante grasse” per la loro capacità di accumulare acqua nei loro tessuti e riuscire così a resistere a lunghi periodi di siccità.

Vengono anche chiamate “piante del deserto” perché si sono adattate a condizioni  climatiche che farebbero morire qualsiasi altra pianta.

Infatti sopportano di giorno un calore elevato con alte temperature e di notte bruschi abbassamenti termici.

Una delle specie più conosciute e coltivare è il ficus indica cioè  la pianta del fico d’India che si presenta come una pianta succulenta che può raggiungere i 5 metri di altezza.

Il fusto è formato da espansioni carnose dette pale o cladodi di forma ovale e appiattita lunghi dai 30 ai 40 cm con una larghezza variabile dai 15 ai 25 cm che unendosi gli uni agli altri formano il tronco e le ramificazioni.

Le pale fanno  le veci delle foglie e assicurano alla pianta la necessaria sintesi clorofilliana.

Sono ricoperte da una cuticola cerosa che limita la traspirazione e posseggono numerose spine che scoraggiano i predatori.

Le spine sono raggruppate, lungo tutta la superficie della pala, nelle areole, circa 150 per pala, dove si trovano sia le spine lunghe uno o due cm che i glocidi spine sottili e piccolissime lunghe appena qualche millimetro.

I glocidi si staccano con facilità  al minimo tocco ma anche per azione di un forte vento e si conficcano saldamente nella cute a causa dei minuscoli uncini di cui sono provvisti rendendo l’estrazione assai difficoltosa.

Dalle areole si generano gli  altri organi della pianta del fico d’India cioè altre pale, i fiori e i frutti.

Quando le pale diventano vecchie, oltre i 4 anni di età della pianta, sono legnose e costituiscono il fusto mentre le pale giovani nascendo una sull’altra aumentano il volume e l’altezza della pianta del fico d’India.

Gli stomi di questa pianta, aperture situate sopra l’epidermide che consentono gli scambi gassosi fra il vegetale e il mondo esterno,  si aprono di notte richiudendosi durante il giorno.

Questo le permette di usufruire dell’umidità e della frescura notturna evitando il calore del sole.

Questa è una caratteristica del genere Opuntia al quale appartengono piante che essendosi adattate in zone desertiche devono ridurre al minimo la traspirazione a differenza delle  piante di altre famiglie nelle quali gli stomi si aprono nelle ore diurne.

L’apparato radicale non scende molto in profondità, in genere non supera i 30 cm, per contro è però molto esteso.

I fiori compaiono sulla sommità delle pale di oltre un anno di età che possono portare anche una  trentina di fiori ma il loro numero  varia molto a seconda della posizione della pianta e del vigore della stessa.

Sono grandi e spinosi, ermafroditi, con numerosi stami e petali vistosi che possono essere di colore giallo, arancio o bianco a seconda della varietà.

Fioriscono in modo scalare dalla primavera all’estate e vengono impollinati dagli insetti.

Dai fiori fecondati si generano i frutti che sono bacche ricche di semi, carnose, di forma ovale tronca all’estremità con buccia della consistenza del cuoio ricoperta da un intrico di spine corte e sottili molto pungenti che si staccano con facilità.

Il colore della polpa può essere rosso, bianco o giallino a seconda della varietà.

 La pianta del fico d’India: coltivazione

La pianta del fico d’India prospera in ambienti caldi e aridi dove la temperatura non scenda sotto lo 0 anche se le piante selvatiche sono più resistenti potendo subire senza grossi danni leggere e sporadiche gelate.

Vegeta rigogliosa anche se le temperature si mantengono elevate e vuole per produrre abbondantemente i suoi succosi frutti estati lunghe e calde.

Preferisce terreno leggero e grossolano anche sassoso ma teme i ristagni d’acqua che fanno marcire le sue radici.

Il metodo più usato per propagare la pianta del fico d’India consiste nel tagliare una pala longitudinalmente lasciando  seccare il taglio sinchè non si è arrestata la fuoriuscita del liquido.

Poi si piantano le due metà sempre longitudinalmente in terreno soffice e umido dove radicheranno con facilità.

La potatura  si esegue all’inizio della primavera o in tarda estate e consiste nel togliere le pale danneggiate o malformate e nello sfoltire le pale perché non divengano troppo fitte.

Un’operazione caratteristica della coltivazione della pianta del fico d’India è la scozzolatura che si esegue per avere frutta di migliore qualità con pezzatura più grande.

Si tratta di una forzatura della fruttificazione e consiste nell’eliminare la fioritura di maggio per costringere la pianta a fiorire di nuovo e più tardivamente.

In Sicilia si effettua in due date precise vale a dire il 13 di giugno e il 24 di giugno.

Se si esegue nella prima data si avrà una fruttificazione a settembre ottobre mentre se viene effettuata il 24 di giugno la fruttificazione sarà ritardata da fine ottobre a novembre.

Questi frutti più grandi e meno ricchi di semi sono più pregiati e spuntano prezzi maggiori anche per la loro epoca di maturazione che è tardiva.

Vengono chiamati “bastardoni” e non è possibile ottenerli tutti gli anni ma al massimo ad anni alterni per non stressare eccessivamente la pianta.

La pianta del fico d’india è una delle poche piante che non viene sottoposta a trattamenti quindi anche i suoi frutti sono assolutamente sani.

I frutti vengono raccolti all’alba perché è minore il pericolo che si stacchino le spine con uno strumento chiamato “coppo” che consiste in  un barattolo di latta sopra un lungo bastone.

Introdotto il barattolo di latta nel frutto lo si torce per farlo cadere senza avvicinarsi troppo alla pianta per evitare le sue spine.

I frutti prima di essere venduti vengono ripuliti dalle spine ma in ogni caso prudentemente è meglio sbucciarli adoperando dello scotex o dei guanti.

Infatti i glocidi sono quasi invisibili molto fastidiosi e di difficile estrazione.

Un’altra pianta esotica il cui profumato e burroso frutto pochi in Italia hanno avuto la possibilità di gustare è il banano di montagna.

E’ un vero peccato perchè non solo è molto gustoso ma come il frutto del fico d’india è molto energetico e possiede numerose proprietà.

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La pianta del fico d’India: particolarità del  frutto

prickly pears on paper

La pianta del fico d’india ha numerose qualità terapeutiche tanto che si può tranquillamente affermare che fra le altre specie di frutti questo frutto rappresenta un’ottima cura naturale per l’intero organismo.

Il frutti del fico d’India sono ricchi di vitamina C, contengono molti minerali come il calcio, il fosforo e il ferro,  abbondanti zuccheri e fibre.

Tra le sue proprietà più importanti vi è quella depurativa e disintossicante.

Per le vitamine e i minerali che possiede la sua polpa un tempo era impiegato per contrastare lo scorbuto e ancora oggi costituisce un ottimo prodotto rivitalizzante e idratante per chi svolge un’attività intensa sia sportiva che lavorativa.

Inoltre il fico d’India è ottimo come aiuto nelle diete non solo per le sue qualità drenati ma anche perché con le sue fibre dona un  senso  di sazietà permettendo così di assimilare meno grassi e zuccheri.

Inoltre regola le funzioni intestinali aiutando il dimagrimento.

Tuttavia è bene non abusarne perché un eccesso di semi potrebbe  causare fastidi all’intestino.

Un  pianta aromatica fortemente digestiva e che preferisce il clima mite è l’alloro immancabile per insaporire carni e  altre pietanze.

Conclusioni

La pianta del fico d’india produce un frutto che  è ottimo, gustoso e dolce non solo  mangiato  individualmente ma anche inserito nelle macedonie dove dona un   gusto particolare.

L’Italia dopo il Messico è la seconda produttrice di questo saporito e  sugoso frutto che va maneggiato con cautela a causa delle spine ma che poi una volta messo in bocca si fa perdonare per la sua dolcezza e il suo gusto.

In Sicilia la  sua patria d’elezione è diffuso capillarmente da così  tanto tempo che è stato inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani.

Inoltre due particolari varietà di piante di fico d’India: la cultivar di San Cono  e la varietà che cresce sulle pendici  dell’Etna sono stati riconosciute come prodotti a Denominazione di origine protetta (DOP).

Cosa dire poi delle numerose ricette che vedono questo frutto  protagonista e non solo lui ma anche le pale tenere e piccole che si prestano, dopo essere state accuratamente spinate,  a essere trasformate in gustose frittelle oppure scottate su una piastra vengono vendute in Messico per le strade in apposite bancarelle.

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