Melo cotogno si chiama melo ma non lo è

Il melo cotogno,  che appartiene al gruppo delle pomacee, è stata una delle prime piante da frutto che l’uomo ha coltivato.

Del melo cotogno se ne sono trovate tracce nelle rovine dell’antica Babilonia datate 4000 anni fa.

Sino agli anni ’60 non c’era casa colonica che non avesse il suo albero  di melo cotogno o pero cotogno la cui frutta, che si serbava a lungo, serviva non solo per aromatiche conserve  ma anche per profumare la biancheria e gli ambienti di casa.

Purtroppo a poco a poco le vecchie case di campagna sono scomparse sostituite da case più moderne oppure da villette quando non sono state inglobate in periferici quartieri cittadini.

Così scomparse le case anche i meli cotogni si sono fatti rari e adesso non è facile  ammirare questo alberello  produttivo e ornamentale.

Ultimamente il melo cotogno è stato riscoperto non solo per la bontà della sua profumata frutta ma anche perché il suo sviluppo contenuto e la sua bella fioritura primaverile ne fanno una pianta d’ornamento adatta per i piccoli spazi moderni.

Il melo cotogno: origini e diffusione

melo cotogno

Mi piace pensare che già nei favolosi giardini di Babilonia, che il re Nabucodonosor aveva costruito nel 590 a C. per la sua sposa, la regina Semiramide, accanto a datteri e ad altri alberi da frutto si coltivasse il melo cotogno e se ne apprezzassero i suoi frutti.

Questo albero da frutto originario dell’Asia Minore, in particolare dell’Anatolia e della Persia, nel periodo antico si diffuse per tutto il bacino del Mediterraneo.

Conosciuto dagli antichi greci  era sacro ad Afrodite ed era simbolo di fecondità  per questo motivo faceva parte dei  frutti che  gli sposi mangiavano per assicurarsi  figli numerosi.

Inoltre le mele cotogne erano considerate frutti preziosi perché color dell’oro.

Esiodo, uno scrittore della Grecia antica, narra di come le Esperidi, bellissime ninfe che custodivano un giardino incantato, avessero soprattutto  il compito di  sorvegliare un albero che si trovava al centro del giardino e che portava frutti color dell’oro questa pianta da frutto era un albero di melo cotogno.

Quindi l’antica tradizione greca  a causa di questa leggenda chiamava il melo cotogno “chrisomelon” e associava i suoi frutti, le cotogne, ai frutti d’oro del giardino delle Esperidi.

Le cotogne erano apprezzate anche dagli antichi romani che ne ricavavano una bevanda prodotta dalla loro fermentazione  che veniva  addolcita con il miele.

Il melo cotogno era  considerato un ottimo albero da frutto ai tempi della Roma antica e  meli cotogni sono stati trovati  dipinti in antichi affreschi a Pompei.

Nel Rinascimento si riteneva che se una donna incinta avesse spesso mangiato questi frutti il suo figliolo sarebbe stato “industrioso e di segnalato ingegno”

Questo antico albero da frutto è tuttora diffuso nei paesi  dell’Asia Minore ed in Cina.

Oggi in Italia il melo cotogno non è un albero da frutto coltivato in modo intensivo perché le sue mele, dure e non commestibili  fresche ma solo dopo cottura, non incontrano il favore della grande distribuzione e quindi raramente si trovano sul mercato.

Ne sopravvivono alberi vetusti presso antichi casolari oppure recentemente se ne vedono presso i giardini o gli orti degli appassionati che hanno riscoperto questo alberello dalla storia così antica e dalla fruttificazione vistosa e profumata.

Melo cotogno: sua descrizione

Il melo cotogno benchè venga chiamato melo appartiene alla famiglia delle Rosacee ma al genere  Cydonia infatti il suo nome scientifico è Cydonia oblonga.

Si presenta come un alberello a fogliame caduco di altezza e volume contenuti,  non supera i 6 metri di altezza, quindi adatto anche a piccoli spazi.

Il suo tronco è scuro e contorto  ha un apparto radicale superficiale mentre la chioma è naturalmente globosa.

Le sue foglie sono grandi, spesse, verde scuro con margine intero e finemente pelose (pubescenti).

Ha fioritura tardiva, dopo l’emissione delle foglie, a fine aprile primi di maggio e i suoi fiori sono solitari, grandi, con 5 petali di colore bianco leggermente rosato.

I suoi frutti maturano ad ottobre sono di dimensioni molto variabili, in alcune varietà sono di pezzatura molto grande, di forma piriforme o maliforme e di un bel colore giallo intenso a maturazione.

La buccia del frutto del melo cotogno, che diviene liscia e fine quando è pronto per essere raccolto, è fittamente ricoperta da una peluria che scompare a maturazione avvenuta.

Questo è un frutto che ha bisogno per poter essere  mangiato di  cottura perché   quando non è cotto è aspro e astringente ma non è velenoso.

I semi che si trovano al centro del frutto sono poligonali, scuri, numerosi e spesso uniti fra di loro da mucillagine.

Di melo cotogno se ne conoscono differenti varietà divise in due tipi che si distinguono per la forma del frutto.

Se portano frutto allungato e  simile a quello delle pere allora vengono chiamate varietà di pera cotogna se invece il frutto ha forma di mela allora abbiamo le varietà che vanno sotto il nome di mela cotogna.

Alcune varietà sono autofertili vale a dire che basta una pianta sola  per fruttificare ma altre invece sono autosterili quindi occorre avere vicino altre varietà di melo cotogno  o pero cotogno per avere la fruttificazione.

Quindi se vuoi  comprare una pianta di melo cotogno chiedi  al vivaista a quale tipo di melo cotogno(autosterile o autofertile), appartiene la piantina che vuoi  acquistare.

La pianta del melo cotogno: come coltivarla

Il melo cotogno è un albero rustico che gradisce clima temperato ma che sopporta bene il caldo e anche le basse temperature.

Si sviluppa al meglio in   terreno soffice, fertile e ben drenato, leggermente acido perché soffre il calcare.

Concimalo ogni anno in autunno o in primavera prima dell’inizio della vegetazione con stallatico ben maturo che metterai in abbondanza anche al momento dell’impianto.

Se vuoi una fruttificazione  generosa e frutta di grossa pezzatura non lesinare l’acqua durante i periodi caldi.

Per quanto riguarda la sua propagazione basta in autunno staccare un pollone basale con un pezzo di radice e ripiantarlo in un luogo riparato germoglierà in primavera.

Se vuoi riprodurre le stesse caratteristiche della pianta madre è possibile fare talee mentre la semina risulta molto più lenta con incerte caratteristiche varietali.

Il cotogno tipo si presta  per essere il  portainnesto di altri fruttiferi quindi non ha bisogno di essere innestato.

Invece se desideri particolari varietà come la “Gigante di Vranja” dai frutti grossissimi e piriformi allora devi comprare la piantina innestata.

Importante è anche la sua potatura ma fai attenzione perché deve essere leggera specie quella di allevamento in quanto il melo cotogno ha una fruttificazione che è apicale cioè la maggior parte dei frutti si trovano all’apice dei rametti.

Elimina i polloni basali, i rami rotti o malformati e togli qualche ramo che si incrocia per arieggiare la chioma.

Questa pianta è soggetta facilmente al fenomeno dell’alternanza cioè ad un anno di carica dove è carica di frutti  segue un anno di scarica dove ve ne sono pochi o nessuno.

Per ovviare o cercare di attenuare  questo inconveniente togli i frutti in eccesso durante l’anno di carica quando sono grandi poco più di una oliva.

La sua entrata in produzione è tardiva, inizia a produrre attorno al quarto quinto anno,  ma in cambio prosegue sino e oltre il cinquantesimo anno essendo il melo cotogno una pianta longeva.

Per essere un alberello contenuto il melo cotogno ha una produzione abbondante infatti una pianta in piena produzione può dare sino a 50 kg di frutti.

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La pianta del melo cotogno: particolarità del frutto

Il frutto a maturazione si presenta di un bel colore  giallo oro con una buccia fine e liscia senza la fitta peluria che lo ricopre durante il periodo di accrescimento e di maturazione.

I frutti del melo cotogno hanno una maturazione scalare e sono pronti per essere raccolti quando ruotando il frutto questo si stacca con facilità dal suo luogo picciolo.

Non è possibile consumarlo crudo per la sua durezza e per la presenza di tannini che lo rendono molto aspro quindi è necessario cuocerlo.

Con la cottura diventa morbido e profumato con un sapore particolare che conserva una punta di asprigno.

Un tempo era tradizione offrire, specie nei periodi freddi, mele cotogne cotte nel vino che costituivano un caldo e corroborante fine pasto.

Le sue proprietà medicinali sono note dall’antichità.

Le mele cotogne sono fonte di vitamine in special modo la A e la C e di sali minerali fra i quali il potassio, il fosforo, il calcio e il magnesio.

Inoltre la cotogna è ricca di fibre, di tannini e di mucillagini che sono utili per la regolarizzazione del tratto intestinale.

Presa fresca è astringente per i tannini che contiene, cotta invece è emolliente e sfiammante dell’intestino e dell’apparato digerente.

La mela cotogna, in questo simile a tutte le mele, contiene acidi organici fra i quali l’acido malico che favorisce la digestione.

I suoi semi sono apprezzati nella cosmesi perchè  a causa delle mucillagini che li uniscono hanno un’apprezzabile attività protettiva contro la disidratazione della pelle e contrastano le rughe.

La mela cotogna è usata come addensante per le marmellate troppo liquide per la sua ricchezza di pectina.

Conclusioni

Hai notato quante qualità ha questo frutto ingiustamente poco considerato?

Vale davvero la pena di consumare le cotogne e di metterne qualcuna al centro di una stanza per dare all’aria un grato profumo.

Inoltre il melo cotogno è una pomacea a fioritura tardiva quindi i suoi fiori sono poco toccati dalle gelate primaverili.

Se abiti in una zona fredda dove il gelo può  colpire anche in tarda primavera pianta questa pianta rustica addossandola ad un muro o in un luogo riparato difficilmente perderai la sua frutta a causa di gelate.

Inoltre il melo cotogno è un alberello ornamentale con la sua fioritura rosea a tarda primavera e i suoi frutti appariscenti di un bel colore giallo oro in autunno.

La sua ombra leggera lo predispone a far ombra ad altre piante nemiche del sole forte.

Mia nonna, che aveva un melo cotogno nell’orto,   seminava sotto la sua chioma l’insalata che rimaneva fresca e rigogliosa anche durante il caldo estivo.

Anche tu potresti fare lo stesso perchè questa che ti ho svelato  è un’ antica astuzia dimenticata che pochi oggi ricordano.

Io invece uno dei miei cotogni l’ho piantato nel praticello davanti a casa e non smetto di ammirarlo in tutte le stagioni.

In primavera al suo piede una miriade di minute violette con i loro fiorellini di differenti tonalità di viola e di  bianco gli fanno corona….

Mi ero ripromessa di far corto questo post ma non ho potuto non dilungarmi nel descrivere un albero, il melo cotogno che mi ricorda le lunghe estati passate nell’orto di mia nonna, quando ero ragazzina e tutto era più nuovo e fresco per me.

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