La pianta di pistacchio prospera in povertà

La pianta di pistacchio fra le altre specie è una pianta da frutto generosa che sa vivere in assoluta povertà persino su un’asciutta distesa di pietra mista a terra o addirittura in una fessura fra le rocce con appena una manciata di terra dentro.

La pianta di pistacchio in contrasto con le dure condizioni nelle quali vive rimane sempre bella e rigogliosa anche quando durante la piena estate siciliana infieriscono la calura e l’arsura.

Per la sua rusticità e per il suo aspetto ornamentale vale la pena coltivare qualche esemplare di pianta di pistacchio, se il clima della tua zona lo permette, in uno spazio roccioso o in un tratto di terra magra e sabbiosa del giardino di casa.

Per amor di verità però c’è da aggiungere che non è tutto merito della pianta di pistacchio questa sua straordinaria adattabilità a suoli così difficili e oserei dire estremi.

Il vero merito è dovuto al suo portainnesto il terebinto, un suo parente prossimo che munito di un forte e resistente apparato radicale riesce ad aggredire la roccia aggirandola ed insinuandosi nelle sue fessure riuscendo così a sfruttare ogni minimo granello di terra.

E’ il terebinto che fornisce alla chioma del pistacchio quanto gli occorre per le sue esigenze vegetative e produttive. In questo post ti farò scoprire la pianta di pistacchio un albero decorativo che sa vivere in povertà.

Infatti il suo ambiente ideale è formato da un suolo arso e difficile con clima caldo arido. I suoi frutti riuniti in grappoli rossi e gialli maturano sino ad ottobre e contengono i semi così ricercati, nutrienti e gustosi.

albero di pistacchi

La pianta di pistacchio e le sue millenarie origini

La pianta di pistacchio è una pianta coltivata da migliaia di anni nelle regioni della Siria e del Turchestan dove da sempre i suoi frutti vengono considerati una prelibatezza.

Ritrovamenti fossili hanno evidenziato che il pistacchio era utilizzato come cibo fin dal 7000 a.C. in Turchia.

I pistacchi sono menzionati nella Bibbia nell’Antico Testamento e precisamente nella Genesi.

In un episodio della Genesi infatti si narra che Giacobbe inviò in Egitto al Faraone come omaggio diversi frutti, i migliori che possedeva, fra i quali vi erano anche i pistacchi.

IL pistacchio era noto agli Assiri, ai Persiani e ai Greci che lo usavano come medicina.

In Persia, l’attuale Iran, possedere una coltivazione di pistacchi significava poter disporre di un alto reddito e quindi avere uno status sociale elevato.

Secondo una leggenda la regina di Saba era così golosa di pistacchi che aveva ordinato di impiegare tutta la produzione delle sue terre per soddisfare esclusivamente lei e la sua corte.

Da queste zone dell’Asia Minore la “nocciola verde” fu portata in Europa dapprima in Grecia con le campagne di Alessandro Magno (334-323 a.C.).

Tra il 20 e il 30 d.C. il frutto del pistacchio giunse a Roma per opera del governatore della Siria Lucio Vitellio sul finire dell’impero di Tiberio.

Tramite gli antichi romani la pianta di pistacchio fu introdotta anche in Spagna dal governatore romano Pompeo Crasso.

Il famoso cuoco e ghiottone romano Marco Gavio Apicio include il pistacchio nel suo libro di ricette che tratta della cucina romana del primo impero.

L’area di coltivazione della pianta di pistacchio si estese con la dominazione araba.

Furono gli Arabi che strappando la Sicilia ai Bizantini ne diffusero la coltivazione  in questa isola ai tempi della loro dominazione dal VII e IX secolo d.C.

A conferma di ciò basta considerare l’affinità etimologica del nome dialettale siciliano dato al pistacchio col corrispondente termine arabo.

In dialetto siciliano il pistacchio si chiama “frastuca” mentre la pianta del pistacchio viene chiamata “Frastucara” questi nomi derivano entrambi dai termini arabi “fristach” e “frastuch” o “festuch” che a loro volta derivano dal vocabolo persiano “Fistich”.

Per molto tempo il pistacchio fu poco conosciuto al di là delle Alpi.

Arrivò in Europa Centrale tramite le rotte commerciali italiane attraverso i passi alpini e venne chiamato “nocciolina latina” utilizzato soprattutto come una costosa aggiunta ai prodotti di pasticceria.

Solo dopo la Seconda Guerra Mondiale gradualmente il pistacchio divenne più popolare e da costoso prodotto dolciario si trasformò in snack diffuso.

Il pistacchio approdò in America con gli emigranti mediorientali che lo diffusero a partire dagli anni ’80 del 1800.

Era molto popolare perché veniva venduto tramite macchinette automatiche situate nelle stazioni, nei bar e nei luoghi pubblici molto frequentati.

“Una dozzina per un nichelino” divenne ben presto uno slogan popolare.

Si cercò quindi di coltivare la pianta di pistacchio negli Stati Uniti e si identificò la zona della Central Valley in California come la più adatta a tale scopo per la fertilità del suolo, il clima caldo e secco e gli inverni miti.

Fu il botanico americano William Whitehouse che negli anni 1929 si recò in Persia, l’attuale Iran, alla ricerca della varietà di pistacchio più adatta per essere coltivata in America.

Passarono più di 10 anni prima che i vari semi di pistacchio piantati nel suolo americano potessero fruttificare e così si potesse conoscere quali fossero le varietà più adatte ad essere coltivate in America.

Fra le moltissime cultivar testate una sola si rivelò la più adatta e venne chiamata Kerman dal nome di una città persiana famosa per la produzione di tappeti.

Passarono ancora più di 20 anni prima che la coltivazione della pianta di pistacchio si diffondesse in America diventando una coltivazione affermata e produttiva.

Dagli anni ’60 la diffusione di questa coltivazione non ha conosciuto soste e si è diffusa in modo intensivo non solo in California ma anche in Arizona e nel Nuovo Messico.

Ancor oggi gli Stati Uniti sono fra i maggiori produttori di pistacchio al mondo e non solo soddisfano pienamente il fabbisogno interno ma lo esportano.

Il maggiore produttore mondiale di pistacchi è l’Iran con una produzione annuale media che supera le 230.000 tonnellate seguito dagli Stati Uniti con 110.000 tonnellate.

Altri paesi forti produttori di questo seme qualitativo sono la Turchia, la Cina, la Siria, la Grecia e l’Italia.

In Italia la pianta di pistacchio viene coltivata quasi esclusivamente in Sicilia su una superficie di circa 4000 ettari nelle province di Catania, Agrigento e Caltanissetta.

Rinomati sono i pistacchi di Bronte e Adriano sulle pendici dell’Etna tutelati con il marchio DOP “Pistacchio Verde di Bronte”.

La pianta di pistacchio: sua descrizione

pistacchio

Il pistacchio è un albero che appartiene alla famiglia delle Anacardiacee al genere Pistacia e il suo nome scientifico è Pistacia vera.

Il pistacchio è un arbusto, più raramente un piccolo albero, che raggiunge un’altezza contenuta di 4 o 5 metri con una chioma di analoga ampiezza.

La pianta di pistacchio è longeva può arrivare sino ai 300 anni di età.

Il suo sviluppo è lento ed entra tardi in fruttificazione si attende dai sei ai dieci anni prima di poter raccogliere i suoi frutti.

Il suo tronco è contorto e nodoso con una corteccia di colore grigio e un legno molto duro e apprezzato che nella piante giovani è di colore giallo intenso mentre in quelle adulte prende un colore rosso bruno.

La pianta di pistacchio è un albero dal fogliame caduco che cade in autunno per rinnovarsi in primavera.

Porta foglie coriacee e composte, formate da 3-5 foglioline di forma circolare ellittica e di colore verde scuro che nelle piante maschili sono più grandi e sono formate soltanto da tre foglioline.

La fioritura è graduale si verifica in aprile e precede l’emissione delle foglie.

La pianta di pistacchio è una specie dioica ovvero esistono piante maschili, i cui fiori hanno soltanto organi maschili, e piante femminili con fiori dotati solo di organi femminili.

Le piante maschili non portano fruttificazione ma il loro polline è indispensabile per fecondare i fiori delle piante femminili.

I fiori della pianta di pistacchio sono sprovvisti di petali e sono raggruppati in infiorescenze ascellari a pannocchia.

I fiori maschili sono provvisti di brattee e grosse antere mente quelli femminili assomigliano a un piccolissimo frutto.

E’ il vento di primavera, dell’aprile soprattutto, che si incarica di trasportare il polline delle piante maschili sugli organi riproduttivi dei fiori delle piante femminili fecondandole.

Infatti la fecondazione si attua tramite il vento e si chiama perciò fecondazione anemofila.

Anche il polline delle piante maschili di terebinto per la sua affinità con il pistacchio può fecondare le piante femminili e non si avverte nessuna differenza fra i frutti fecondati dal terebinto e quelli fecondati invece dal pistacchio.

Solo che le probabilità di fecondazione sono inferiori perché il terebinto maschio fiorisce con un anticipo di 20-25 giorni rispetto al pistacchio maschio che perciò rimane il migliore impollinatore.

Quindi, siccome la pianta di pistacchio è pianta dioica,ogni coltivazione di pistacchi deve contenere distribuite uniformemente un pistacchio maschio ogni 8-10 piante femmine.

Solo così queste ultime potranno essere cariche a fine estate di frutti colorati di giallo e di rosso riuniti in splendidi grappoli che però potranno essere ammirati solo ogni due anni.

Tali frutti sono costituiti da una drupa di forma ovale allungata provvista di un mallo sottile  che si secca con facilità.

All’interno di questo frutto troviamo un unico seme di forma allungata e dal tipico colore verde brillante avvolto da una pellicola colorata rosso violaceo o nero verdastro.

C’è un’altra pianta da frutto che è dioica vale a dire ha piante femminili e piante maschili ed è la pianta del kiwi una rustica liana che ama il clima mite ma che viene coltivata anche nel Nord Italia.

 

La pianta di pistacchio: la coltivazione

La pianta di pistacchio viene coltivata in Sicilia a un’altitudine variabile fra i 300 e i 700 m. sul livello del mare.

Resistentissima alla siccità questa pianta si trova a suo agio anche su rocce laviche dove poca altra vegetazione riesce a sopravvivere.

Il terreno dove vive la maggior parte dei pistacchieti è un terreno con un limitatissimo strato di terra fertile frammista a rocce spesso con pendenze scoscese e non facilmente accessibili.

Però occorre distinguere due tipi di pistacchieti quelli naturali e quelli artificiali.

Il pistacchieto naturale si trova fra le rocce dove cresce selvatico il terebinto ed è in questo luogo selvaggio e incontaminato che l’uomo innesta su questa pianta selvatica il pistacchio e lo alleva con una forma denominata a ceppaia.

Invece dove la pianta di pistacchio innestata viene piantata in terreni meno scoscesi e rocciosi abbiamo il pistacchieto detto artificiale che si caratterizza per una densità regolare di piante e per una maggiore facilità di coltivazione.

La forma nella quale viene allevata la pianta di pistacchio in un pistacchieto artificiale è a vaso più o meno aperto.

Importante per la buona riuscita di questa coltivazione è il clima che deve essere un clima mediterraneo con lunghe estati calde e siccitose, piovosità concentrata nel periodo autunnale e invernale con notevoli escursioni termiche fra il giorno e la notte.

L’esposizione che questa coltivazione preferisce è quella a Sud.

Se la pianta di pistacchio sopporta abbastanza bene il vento e un freddo invernale moderato viene danneggiata invece dalle gelate primaverili che ne compromettono la fioritura e quindi la successiva fruttificazione.

Inoltre le sue radici non tollerano ristagni d’acqua nel terreno che deve essere ben drenato per assicurare vigore e salute alle piante.

La pianta di pistacchio si moltiplica per innesto sul terebinto spontaneo e questo è l’unico modo di coltivarla nei pistacchieti naturali che sono la maggior parte dei pistacchieti esistenti in Italia.

Invece nei pistacchieti artificiali viene innestata su piantine di pistacchio o di terebinto seminate in vivaio e allevate sino ai due o tre anni in vaso.

Dopo questo periodo vengono messe a dimora a una distanza di 5-7 metri l’una dall’altra e innestate a marza o a gemma in maggio o in giugno.

Per quanto riguarda la potatura si attua fra dicembre e febbraio ed è una potatura leggera sia perché la pianta ha un portamento naturale che non richiede una potatura severa ma anche perché la pianta di pistacchio ha difficoltà a cicatrizzare i grossi tagli.

Si tolgono quindi i rami secchi, quelli rotti o malati e qualche ramo interno per arieggiare anche internamente la chioma.

Si tolgono tutti i polloni che crescono al piede della pianta e che sottraggono forze e nutrimento alla pianta madre.

La pianta di pistacchio non ha bisogno di ulteriori interventi anche perché sarebbero difficoltosi visti i luoghi impervi dove sono situati i pistacchieti naturali.

Nei pistacchieti artificiali si attuano interventi per contenere lo sviluppo delle infestanti e spesso si lascia il suolo inerbito per limitare l’evaporazione.

La raccolta dei frutti avviene ogni due anni e il suo picco è nel mese di settembre.

Nei pistacchieti naturali non può essere eseguita che a mano con fatica e perizia da parte degli addetti che si devono arrampicare con i sacchi, dove metteranno l’ambito frutto, in zone rocciose e scoscese.

Invece, per quanto riguarda il pistacchieto naturale, la raccolta avviene per scuotimento delle piante e i frutti cadono sotto la chioma degli alberi in reti da dove vengono raccolti.

La raccolta avviene in due o tre riprese e i primi frutti che si raccolgono  sono i più pregiati.

Una pianta di pistacchio in piena produzione può produrre ogni due anni dai 5 ai 10 Kg di frutto smallato e asciutto con punte massime di 15-20 Kg.

Dopo la raccolta i frutti vengono privati del mallo e posti al sole per 5-6 giorni perché asciughino bene. La sgusciatura avviene dopo questo periodo e viene effettuata meccanicamente.

Successivamente i semi subiscono una cernita e infine avviene la pelatura.

Con questa operazione vengono privati della pellicola superficiale immergendoli per 7-8 minuti in acqua bollente con successivo passaggio in apposite macchine.

La pianta di pistacchio: le qualità del suo seme

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Il semi di questa pianta contengono il 20 % di proteine,  e il 27% di carboidrati.

Il resto del seme è formato da acqua il 4% circa, dal 10% di fibre e da 7% circa di zuccheri con una discreta la presenza di minerali tra i quali distinguiamo il calcio, il fosforo, il potassio, il ferro e lo zinco.

Per quanto riguarda le vitamine troviamo la vitamina A, le vitamine del gruppo B e la vitamina C.

Il pistacchio contiene i polifenoli che hanno proprietà antiossidanti e sono utili contro l’invecchiamento e contro i temuti radicali liberi che intossicano l’organismo.

Il pistacchio contenendo molti grassi monoinsaturi è in grado di favorire l’abbassamento del colesterolo nel sangue riducendo così il rischio di malattie cardiovascolari.

Questi semi rappresentano una fonte molto valida di proteine, sostanze antiossidanti e fibre.

Diversi studi medici hanno confermato l’importanza di questo seme per il sistema cardiovascolare, per i problemi di colesterolo alto e per la protezione dall’obesità.

Se è vero che i pistacchi sono molto grassi tuttavia il 90% dei lipidi che contengono sono insaturi in prevalenza acido oleico e acido linoleico quindi questo grasso non aumenta il peso corporeo ma anzi è una fonte di preziosi nutrimenti.

Inoltre sono ricchi di fibre che unite alla particolare composizione dei grassi contenuti in questo alimento, spiega Giorgio Donegani presidente della Fondazione Italiana per l’Educazione Alimentare, aiutano a regolarizzare la glicemia e contribuiscono efficacemente alla protezione cardiovascolare.

Insomma il pistacchio è un alleato contro il diabete che fa bene anche al cuore.

Inoltre, e non è un aspetto trascurabile, questo prezioso seme viene usato in cucina per dar vita a un gran numero di piatti dolci e non.

Conclusioni

L’uomo ha davvero interferito poco sulla pianta di pistacchio e sul suo frutto.

Pianta rustica e rigogliosa la pianta di pistacchio cresce dove poche altre piante possono vivere e diviene simbolo di resistenza a condizioni severe e a un clima aspro, caldo e ventoso.

Il suo frutto racchiude un sapore intenso ed è ricco di valori nutritivi dati da quel clima e dal terreno lavico particolare e pietroso.

E’ la Sicilia l’unica regione italiana dove si produce il pistacchio in modo intensivo.

E’ una cittadina ai piedi dell’Etna, Bronte, con oltre 3000 ettari di coltivo (più dell’80% dell’intera superficie regionale) che è il fulcro di questa coltivazione con il suo pistacchio di altissima qualità.

E’ così preziosa questa produzione che il pistacchio che si ricava viene denominato “l’oro verde” e rappresenta la principale risorsa economica del vasto territorio della cittadina etnea.

Quindi la pianta di pistacchio fra le altre specie è un tipico prodotto siciliano che difficilmente è possibile coltivare altrove qui in Italia.

Anche se si è tentato con successo la coltivazione di pistacchieti nelle zone più calde della Basilicata.

Tuttavia per chi abita in una zona vocata per questa coltura, oppure per chi nel Meridione possiede un appezzamento magari impervio ma con le caratteristiche di clima e di terreno che ho evidenziato in questo post, sappia che il pistacchio ha un florido mercato e viene venduto a caro prezzo.

Questo perché il seme del pistacchio non ha solo tante qualità ma è insuperabile in pasticceria in paste, torte e gelati.

Come ultima informazione non posso non ricordare alcune golosità rigorosamente al pistacchio rare e ricercate dai veri gourmet che ti consiglio di non farti sfuggire.

Inizio con il “Pesto al pistacchio” che è ideale per condire la pasta di una ricetta siciliana tipica di quella bella isola ma è anche ottimo per arricchire torte salate.

La “Crema al pistacchio” invece è insuperabile su una fetta di pane, su un fragrante cornetto oppure più semplicemente puoi gustarla da sola con un cucchiaino.

Ultimi, ma non ultimi, voglio citare qui le “Tentazioni al pistacchio” dolcetti ripieni con morbida crema di pistacchio di cui non ti posso descrivere il gusto perché non tutto può essere detto ma di alcune cose, come questi imperdibili dolcetti, ne va fatta l’esperienza.

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